Pages Navigation Menu

La birra nel tempo

La storia ci insegna che i barbari determinarono la caduta dell’Impero romano ed imposero il proprio dominio su gran parte dei territori europei; ma la forza dei popoli germanici fu anche quella di non distruggere completamente la cultura latina, infatti assimilarono e appresero ciò che di buono c’era, nell’organizzazione sociale come in ambito alimentare. Le due civiltà entrarono in forte contatto influenzandosi a vicenda: sud e nord, vino e birra, carne cacciata e carne allevata. Fu grazie a questi eventi che iniziò a conformarsi una cultura alimentare continentale omogenea. Con l’arrivo delle invasioni barbariche da est – prima nell’Europa mitteleuropea e successivamente in quella mediterranea – quello che per tutta la durata del dominio romano era stato un territorio a sola afferenza vinicola, accolse e mescolò le diverse usanze uscendone arricchito. Non ve ne fu una che soppiantò l’altra sostituendola ma si stabilì un equilibrio tra le due. Antropologicamente questo fenomeno si è riproposto anche molto più di recente: la fine della Seconda guerra mondiale ed il Piano Marshall hanno determinato l’affermazione della cultura anglosassone ed americana con i relativi modelli di consumo e lifestyles. Ciononostante molti di voi sapranno che la genesi della birra non è avvenuta nel Nord Europa bensì nei più antichi popoli basso mediterranei e mediorientali. Fu in Mesopotamia e nell’Antico Egitto, cioè tra le prime civiltà agricole, che grazie a prodotti della terra come il grano e l’orzo nacque infatti la birra. Analogamente anche la panificazione è frutto dell’esperienza nel campo della fermentazione dei cereali, ciò che le differenzia è l’ambiente in cui queste avvengono, aereo o liquido. Proprio per questo talvolta anticamente la birra era detta “pane liquido”. Inoltre all’epoca era molto diversa da come la si pensa oggi: un liquido denso e scuro che, ottenuto da carboidrati fermentati, aveva una forte tendenza al dolce. I processi con cui veniva prodotta erano imprecisi e non controllati, spesso andavano incontro a contaminazioni batteriche e forti ossidazioni, queste producevano sentori sgradevoli che oggi non sapremmo sopportare, ci disgusterebbero. Queste abitudini di consumo si perpetuarono per secoli fino ad arrivare immutate ai popoli germanici o celtici. Poi durante il Medioevo – epoca in cui la cultura gastronomica risentiva fortemente dell’uso di spezie, erbe aromatiche, fiori e miele per sofisticare il sapore dei cibi – nell’Europa continentale si assiste ad una lenta introduzione dell’uso del luppolo. La prima sua palese citazione la si ritrova negli scritti di Hildegard Von Bingen, religiosa tedesca nata nel 1098 d.C. Gradualmente ma inesorabilmente questa tendenza andò via via consolidandosi. I motivi sono diversi e riguardano più aspetti: il sapore amarognolo del luppolo equilibrava la stucchevolezza dei cereali, inoltre aromatizzava, chiarificava, decantava e conservava la birra più a lungo. L’introduzione dell’uso del luppolo rappresentò una vera svolta. Non si trattava più di un “pane liquido” a mo’ di “mangia e bevi”, si stava pian piano avvicinando alla birra così come la intendiamo oggi, bevuta per dissetarsi. Fu quasi come se fosse stata scoperta una “nuova” bevanda e ciò è testimoniato anche da nuovi termini adottati per definirla. Nei testi del primo Medioevo la si chiamava con i termini gallico-latini cervisia, cervogia, cerveza; da allora fu denominata invece con una nuova radice germanica da cui derivano i termini bier, beer, bière, birra.