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Elisabetta Rogai e i quadri che 'invecchiano'

Può un dipinto “invecchiare”? La prima idea del genere era venuta allo scrittore inglese Oscar Wilde, che ne aveva tratto il soggetto per Il ritratto di Dorian Gray. Adesso – mutatis mutandis, naturalmente – il fantastico diventa realtà, grazie a un’intuizione della pittrice fiorentina Elisabetta Rogai, che si è imbattuta in questo fenomeno mentre stava realizzando alcune opere d’arte con il vino, con una tecnica mai usata prima. Diversi artisti si erano infatti cimentati nell’impresa, provando a utilizzare un materiale come il vino rosso per realizzare dei quadri, ma l’esito non era mai arrivato a potersi dire pienamente soddisfacente. Ogni tentativo finora si era scontrato con ostacoli tecnici: la densità del vino, la volatilità dell’alcol, l’evidente limite nella “tavolozza” dei colori a disposizione, l’esigenza di limitare i lavori a tele di piccole dimensioni. E’ stato necessario un lungo lavoro di ricerca e sperimentazione – l’analisi di un laboratorio scientifico dell’Università di Firenze unita alla versatilià di un’artista non nuova a innovazioni tecniche (basti pensare ai suoi dipinti su tela denim o all’affresco per un fonte battesimale realizzato per una pieve dell’anno 996) – ma oggi i quadri wine-made sono una realtà. Gli eno-capolavori di Elisabetta Rogai sono realizzati su normali tele ma esclusivamente con vini rossi e bianchi, tranne il primo tratto di carboncino per delineare le figure. Nessuna aggiunta di colore o altri componenti sintetici: solo vino al 100%, che – proprio perché naturale – invecchia sulla tela riproducendo esattamente l’evoluzione del vino che ha luogo dentro una bottiglia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Basta un confronto tra il quadro fotografato subito dopo essere stato dipinto e lo stesso quadro tre mesi più tardi. E’ proprio questo aspetto, a rendere uniche al mondo le opere col vino di Elisabetta Rogai: man mano che passa il tempo, il dipinto “invecchia”, evolve sulla tela perché il vino passa dai colori tipicamente giovanili (violacei, melanzana, porpora) a quelli caratteristici dell’invecchiamento (mattone, ambrati, aranciati). Un processo che in cantina richiede diversi anni, sulla tela invece solo pochi mesi. Come detto, è dalle pagine del Ritratto di Dorian Gray che non si sentiva parlare di un quadro che invecchia sulla tela. Con una differenza fondamentale, però: nel romanzo, il ritratto di Dorian Grey imbruttisce col tempo che passa, mentre i quadri della Rogai nascono e restano opere d’arte ma, per la natura dei colori con cui sono realizzati, mutano di tonalità col tempo. Ciò vale anche per il secondo dipinto, ultimato da pochissimo tempo e già parzialmente “evoluto”. Per evitare che il processo di invecchiamento si protragga sine die la Rogai ha elaborato un sistema di fissaggio a base di acqua e colla che – pur lasciando mutare le tonalità – impedisce ai colori di sbiadire oltre una certa soglia. Al momento Elisabetta Rogai sta ultimando una prima serie di 15 quadri (il procedimento richiede tempi più lunghi rispetto a un normale dipinto, perché occorre lasciar passare più tempo tra una “mano” e l’altra) che sono stati presentati a Montepulciano in seno all’Anteprima del Nobile, per proseguire con una presenza al Vinitaly di Verona (uno nello stand “I Balzini” e “Castello di Querceto”, gli altri in quello della Regione Toscana) e in eventi in Toscana (Lucca, Peccioli, Montalcino) e in altre regioni (Lombardia).